Una famosa immagine rappresenta Internet come una Via Lattea (Progetto Opte). Essa sembra suggerire che Internet è inafferrabile, non interamente comprensibile. Ci fa sentire piccoli di fronte alla sua immensità.
Un giorno, Internet si è guastato, ho cominciato a rovistare in quell’ammasso di cavi polverosi dietro il divano ed ho seguito il cavo fino al router presente accanto alla porta d’ingresso. Ho lasciato perdere, ma il filo continua fino al punto di collegamento sul piano stradale della rete internet. Oltre quella centralina posta appena fuori casa il “cavo” prosegue per migliaia di chilometri per terre e oceani giungendo in uno degli immensi edifici “Data Center” definiti anche CED (Centro Elaborazioni Dati) una Unità Organizzativa che coordina e mantiene le apparecchiature e i servizi di gestione dei dati. Essi usano tanta energia quanta quella delle città in cui hanno sede come quello del Western Union al 60 Hudson Street a New York. Uno degli edifici al mondo che fa parte di un elenco molto breve, circa una decina, dove si collega il maggior numero di reti Internet al mondo. I dati di Facebook, YouTube, Gmail, film, video, audio e altro ancora sono allocati presso questi potentissimi data base ovvero presso dischi allo stato solido SSD presenti nei server. Questi server registrano gli indirizzi IP di ogni sito (un indirizzo IPv4 è costituito da 32 bit (4 byte) suddiviso in 4 gruppi da 8 bit (1 byte), separati ciascuno da un punto (notazione dotted) es. 11001001.00100100.10101111.00001111. Un esempio di indirizzo IPv4 è 172.16.254.1 che corrisponde a una notazione binaria) Poiché è difficoltoso ricordare dei numeri, ad ogni IP è associato un dominio es. gmail.com. Si risale al giusto dominio attraverso una grossa rubrica digitale chiamata server DNS (domain name sistem) analogamente ad un rubrica telefonica (conoscendo il nome di un utente (dominio) risalgo al suo numero telefonico (IP). Internet non è perciò un’idea trascendente ma realtà fisica.. Interessanti sono i cavi sottomarini attraverso cui i dati viaggiano in fondo all’oceano. Essi connettono tutti i continenti. Se Internet è un fenomeno globale, se viviamo in un villaggio globale, è perché ci sono cavi sottomarini, cavi come questo.
Visti da vicino sono incredibilmente piccoli; si possono tenere in mano. Sono come un tubo dell’irrigazione. Ma nell’altra dimensione, in lunghezza, sono incredibilmente ampi, da non riuscire ad immaginarli. Si stendono attraverso l’oceano. Sono lunghi 4.000, 6.000, 12.000 chilometri e se la scienza dei materiali e le tecnologie informatiche sono complesse, il processo fisico di base è semplicissimo. La luce penetra in una zona dell’oceano, esce dalla parte opposta e di solito arriva in un edificio chiamato “landing station”, spesso nascosto in una zona vicino al mare. E ci sono dei ripetitori sul fondale dell’oceano che ogni 80 km amplificano il segnale:
La velocità di trasmissione è incredibilmente elevata e in una fibra non si mette solo una lunghezza d’onda della luce, se ne mettono 50, 60 o 70. Magari avrete 8 fibre in un cavo, 4 per ogni direzione. Sono sottili come un capello. E connettono i continenti.
Ad Halifax, in Canada, c’è un pozzetto sulla costa dal quale parte un cavo che va fino in Irlanda.
Pochi anni fa c’era un solo cavo sulla costa occidentale dell’Africa. Ora ci sono 6 cavi e altri sono in arrivo. Perché una volta che un paese è collegato con un cavo si rende ben presto conto che non è sufficiente. Se vuole costruirci intorno delle industrie sa che la connessione deve essere stabile, permanente, perché se un cavo si rompe bisogna mandare una nave in mare, buttare un gancio, tirarlo su, trovare l’altro capo, saldare i due pezzi e rimandarlo giù. È un processo fisicamente intenso.
Ecco la mappa dei cavi sottomarini che collegano i Paesi e continenti a livello globale. Si tratta di una serie di reti lunghe migliaia di chilometri. La Submarine Cable Map è una risorsa gratuita elaborata da TeleGeography. I dati nell’infografica interattiva sono aggiornati di continuo” [Andrew Blum]
Nel sito potete cliccare su ogni singolo cavo e vedere chi l’ha posato e dove porta: Submarine Cable Map
Il problema è che questi sistemi di cavi sono vulnerabili. Troppo vulnerabili.
Nelle zone dove è presente fauna marina in grado di “mordere” i cavi (non è uno scherzo: gli squali paiono essere attratti dai cavi sottomarini, forse per la presenza di elettricità al loro interno) o comunque soggetti a tensioni fisiche di altro tipo, il diametro totale raggiunge una decina di centimetri, mentre nelle zone dove il cavo viene posato in profondità, dove questi rischi sono minori, lo spessore diminuisce a meno di due centimetri.
Un altro fattore da tenere in considerazione è la durata di esercizio. Proprio i ripetitori di segnale sono le strutture che più velocemente vanno incontro a necessità di manutenzione … necessarie ogni 25 anni circa.
Per la stesura sono utilizzate delle apposite navi, chiamate appunto posacavi.
Di solito ne posano 100-200 km al giorno, a seconda delle capacità della nave e delle condizioni meteorologiche. Le posacavi utilizzano delle specie di aratri per immergere i cavi in profondità, sul fondo dell’oceano.
Ci sono regolamenti da seguire per evitare la distruzione dell’habitat acquatico e delle barriere coralline, nonché altri ostacoli che potrebbero mettere a repentaglio i cavi stessi.
Ma anche i cavi ben nascosti sono vulnerabili: possono essere colpiti dai pescherecci a strascico, dalle ancore delle navi, da calamità naturali, per non parlare di possibili atti terroristici. Un cavo sottomarino danneggiato può interrompere l’accesso a Internet di un intero continente. La riparazione richiede molto lavoro e costa migliaia, anche milioni di dollari.
Se osservate la mappa che vi ho linkato sopra e fate uno zoom fra le Filippine e Taiwan vedrete una specie di strozzatura, un canale dove passano molti cavi. Ebbene nel 2006 un forte terremoto ha scosso quest’area e una frana sottomarina ha tagliato ben 8 sistemi di cavi. Il più grande operatore della zona ha avuto un’interruzione di Internet del 100% a Hong Kong e nel Sud-est asiatico e del 74% in Cina.
Il costo della posa, al chilometro, varia a seconda della lunghezza del tratto. Per i cavi più lunghi si aggira intorno ai 30.000 dollari/km. Nonostante i rischi di danneggiamenti si tratta di costi relativamente accessibili ed hanno reso questa tecnologia, allo stato attuale, decisamente più vantaggiosa rispetto all’utilizzo del satellite. Questo dipende sia dalla capacità di trasporto dati di un singolo satellite, molto inferiore in termini di bit al secondo, sia da un limite fisico. Infatti, i satelliti per la trasmissione dati sono situati, tranne rarissime eccezioni, in orbite geostazionarie che distano circa 36mila km dalla superficie terrestre. Nel caso migliore un bit, per percorrere il percorso alla velocità della luce passando da un satellite di telecomunicazioni, impiega quasi un quarto di secondo. Questo comporta un aumento del tempo di latenza della trasmissione che può diventare critico per diverse applicazioni. Il medesimo dato può essere trasmesso molto più velocemente attraverso un cavo. Il futuro cavo Marea impiegherà poco più di due centesimi di secondo per collegare Virginia Beach negli USA con Bilbao in Spagna (velocità massima di 160 Terabit al secondo) … per immaginarselo pensate a 70 milioni di video in alta definizione al secondo.